10/11/10

Roma, una partenza difficile

Secondo pezzo per Basketnet dedicato alla Lottomatica Roma, squadra della mia città.
L’inizio di stagione era stato davvero incoraggiante, un bel punto di partenza per la Lottomatica Roma. Con la larga vittoria su Brindisi e i successi in Eurolega contro Bamberg e Charleroi (dirette concorrenti per un posto alle Top 16) il futuro della squadra capitolina non poteva che sembrare roseo, oltretutto pensando a ciò che coach Boniciolli ripeteva dopo ogni prestazione: “E’ presto per giudicare questa squadra, in tutto il precampionato abbiamo sofferto per tantissimi infortuni e soltanto tra un mese o due potrete vedere la vera Roma”. Parole che suonavano come una conferma, la sensazione che la squadra fosse forte visto che, nonostante i problemi fisici patiti durante l’estate, si era partiti davvero alla grande. E l’idea che sarebbero bastati gli allenamenti e le partite insieme per vedere una Lottomatica finalmente “da corsa”. Eppure l’allenatore triestino era stato facile profeta e dopo i bei risultati iniziali tutti i problemi di chimica di questa squadra sono venuti fuori: tre sconfitte di fila in campionato in più la batosta europea contro il Real di Messina. Il tutto con pieno equilibrio: due scivoloni in casa, due lontano dall’ex PalaEur. I problemi sono molteplici, per analizzarli ci affidiamo ai numeri e a qualche interessante spunto che può arrivare da un’osservazione più approfondita delle ultime tre partite di campionato.

La nostra analisi non può che partire dalle percentuali. Dei Four Factors di Dean Oliver quello considerato più importante è ovviamente il tiro e altrettanto ovviamente Roma non ha brillato da un punto di vista balistico nelle ultime uscite italiane: bassissimo il 43.9% di percentuale “reale” della squadra romana, fortemente influenzato dalle orrende medie da 3 punti (19.3%). Molti tifosi si sono lamentati del fatto che una squadra con i centimetri e la forza fisica di Roma dipenda troppo dal tiro dalla lunga distanza e in effetti una prima occhiata al numero di triple tentate nelle tre sconfitte “italiane” confermerebbe questa sensazione: 62 triple in 3 match disputati, fanno 21 di media. In realtà però il dato va letto diversamente. La Lottomatica delle ultime uscite si è affidata al tiro da 3 punti meno rispetto agli avversari, con le triple che hanno rappresentato il 36.7% dell’attacco di Roma contro il ben più alto 42.7% degli avversari. In pratica Roma ha tirato da lontano meno degli avversari e l’incidenza del tiro perimetrale sull’attacco capitolino è stata più bassa. Tuttavia parliamo di una percentuale molto alta (in pratica su 10 tentativi dal campo Roma per 3-4 volte spara dai 6.75m) anche se in assoluto non si può dire che Roma viva e muoia col tiro pesante. I dati più confortanti per la Lottomatica arrivano da sotto i tabelloni. Roma conquista infatti il 71.4% dei rimbalzi difensivi disponibili ma soprattutto ha un dato importante sotto i canestri avversari: circa una volta su tre (per la precisione il 32.4%) cattura un rimbalzo d’attacco. Evidente che questo dato sia alla base del ragionamento precedente: l’incidenza del tiro da 3 punti sull’attacco romano è più bassa perché Roma tira più degli avversari grazie ai centimetri, alla stazza dei propri giocatori. Nelle ultime 3 partite Roma ha avuto un eccellente +21 nei tiri tentati dal campo (+7 di media), il problema sono le percentuali con cui li ha convertiti.

Questo discorso risulta ancora più chiaro se diamo uno sguardo ai valori dell’efficienza offensiva e difensiva della squadra di Boniciolli: se da un lato gli avversari hanno viaggiato in queste tre partite con un ottimo 106.4 di Offensive Rating (dato che non può essere “accettato” da una squadra, una difesa che vorrebbe portare la Capitale a lottare per lo scudetto), dall’altro non si può che definire pessimo il dato di Roma: 90.2, significa meno di un punto realizzato per ogni possesso offensivo a disposizione. Come spiegare questi problemi in attacco? E’ abbastanza evidente che manchi la chimica di squadra, i giocatori si conoscono ancora poco (tanti i nuovi arrivi) e di conseguenza arrivano pochi “canestri facili”. Il dato che meglio illustra questa situazione è senza dubbio quello che potremmo definire l’Assist Ratio: il rapporto assistenze/canestri realizzati per Roma è molto basso (25%), solo una volta su quattro un giocatore della Lottomatica segna un canestro che arriva dall’assist di un compagno di squadra. Al contrario gli avversari di Roma dimostrano una fluidità offensiva eccellente, con canestri assistiti più di 6 volte su 10 (63.2%). Un dato preoccupante per la difesa della Lottomatica, soprattutto se unito al 60% abbondante (61.6%) che è stato concesso ultimamente nel tiro da 2 punti. Difesa però che si dimostra più che buona in almeno una voce statistica: Roma forza gli avversari a commettere tantissimi errori nel trattamento di palla, con la TOV % degli avversari (percentuale di palloni persi su ipotetici 100 possessi) veramente su livelli alti (30.6%). Emblematiche da questo punto di vista le partite contro Cantù e Avellino, dove brianzoli e irpini figuaravano nel boxscore rispettivamente con 26 e 27 palle perse.

Un ultimo sguardo lo diamo alla lunetta. Pur tirando più dal campo rispetto agli avversari Roma tira pochi liberi: 63 complessivamente nelle ultime 3 partite contro i 64 tirati dagli avversari (che hanno però meno tentativi dal campo). Inevitabile allora tirare fuori il “quarto fattore”, ovvero la FT Ratio, il rapporto tra liberi realizzati e tiri tentati dal campo: per Roma parliamo del 25.7% , mentre le avversarie sfiorano l’eccellenza con un netto 34% (basti pensare che la Siena schiacciasassi del 2009-2010 aveva questo dato pari al 27.5%).

Insomma, c’è tanto da lavorare. La Lottomatica ha avuto tanti problemi e Boniciolli ha potuto contare sul roster completo soltanto due giorni prima dell’inizio del campionato. I dati riportati si riferiscono ad un sample size veramente piccolo (sole 3 partite) ma è evidente come le difficoltà di Roma riguardino tanto l’attacco quanto la difesa. Un miglioramento è assolutamente d’obbligo.

02/11/10

NBA, costruire una contender

Ho cominciato a collaborare con il sito italiano Basketnet. Questo il primo articolo della mia rubrica.


L’estate appena trascorsa segnerà inevitabilmente i prossimi 10 anni di storia NBA. Se ne è discusso a lungo, si è parlato di mercato, firme, scambi, rinnovi. Ma soprattutto si è parlato di loro, di James, Wade e Bosh, i nuovi Big Three della pallacanestro americana. La scelta di LeBron ha scatenato una serie infinita di commenti, creando una netta divisione tra coloro che si sono mostrati entusiasti o assolutamente critici nei confronti di King James e della sua decisione. In questo articolo tuttavia non parleremo dei nuovi Heat, di chi sarà il loro leader, di chi prenderà in mano Miami nei momenti decisivi; ci concentreremo invece sul lavoro di Pat Riley, e sulla difficoltà per un executive NBA di costruire una contender sostanzialmente da zero, attorno a 3 grandi giocatori arrivati dal mercato dei Free Agent. Già perché paradossalmente il difficile per Riley e l’intero front-office di Miami è cominciato dopo l’annuncio di James, con un Salary Cap già occupato per 43 milioni di dollari dai soli ingaggi delle tre stelle (peraltro arrivate al taglio di stipendio pur di giocare con la stessa maglia) e la disponibilità di circa 15 milioni di dollari per completare il roster, non sforare il Cap e consegnare nelle mani di Spoelstra (o di Riley?) una squadra pronta a vincere da subito. Decisamente pochi, se si pensa che i Los Angeles Lakers campioni in carica e assoluti favoriti sfiorano i 100 milioni di dollari di monte ingaggi (per la precisione 95.2). Questo perché la presenza di alcune eccezioni salariali come la Mid-Level Exception in un certo senso “aiuta” quelle squadre già sopra al Cap ma disposte a spese incredibili pur di confermarsi ai vertici della NBA, mentre penalizza progetti come quello degli Heat, di fatto arrivati alla fatidica estate 2010 senza mezzo giocatore sotto contratto. Il paragone con i Big Three di Boston infatti non regge: i Celtics avevano già a roster i due uomini destinati a completare il quintetto (Rondo e Perkins), oltretutto sotto il controllo salariale dei biancoverdi per cifre che possiamo definire ragionevoli. Riley ha dovuto ricostruire tutto invece, riuscendo tuttavia ad allestire un team competitivo (ancorchè incompleto a mio modo di vedere) e in grado di lottare per il vertice della Eastern Conference contro le potenze Celtics e Magic.
L’articolo che propongo oggi prende spunto dalla difficoltà di costruire una contender NBA praticamente da zero, principalmente a causa delle regole del Salary Cap. Per farlo mi sono ispirato ad un lavoro del mio amico Renè Saggiadi, apprezzato analista italiano del baseball MLB. Cosa ha fatto? Renè ha provato a costruire una squadra MLB scegliendo a posteriori giocatori firmati con contratto di un anno dai rispettivi club. Ha poi valutato il loro impatto tramite l’indicatore statistico avanzato WAR (Wins Above Replacement) “dando vita” ad una squadra da circa 104 W nella stagione regolare della MLB, che ne avrebbe fatto la numero uno assoluta del baseball americano. Perché giocatori con contratti così brevi? Perché chiaramente costano meno ed ha quindi messo su una contender (ripeto: a posteriori, quindi senza prevedere come sarebbero andati i giocatori in quella precisa stagione) spendendo meno di 100 milioni di dollari di salari. In pratica un roster che costa meno della metà di quello dei formidabili e ricchissimi campioni in carica dei New York Yankees.
Il mio progetto è un filo diverso. Sono partito da due considerazioni molto semplici: innanzitutto la NBA presenta un Salary Cap e per la mia idea (che analizza i dati della Regular Season 2009-2010) avevo un budget di circa 58 milioni di dollari (corrispondente appunto al tetto di 57.7 milioni fissato per l’ultima stagione) per un roster di 15 giocatori; ho poi pensato di costruire la squadra attorno a due stelle, perché la NBA e la sua storia insegnano come la presenza di due star all’interno di una contender sia requisito fondamentale per puntare al titolo, salvo rarissimi casi (ad esempio i Pistons 2004) che rappresentano una vera e propria eccezione all’interno dell’ “albo d’oro”. Il punto fondamentale tuttavia è un altro, ovvero l’indicatore statistico di cui mi sono servito per calcolare le ipotetiche vittorie in Regular Season che avrebbe raggiunto la mia squadra. Ebbene anche io mi sono servito di un rilevatore avanzato, trattasi del cosidetto Win Shares (WS) che possiamo trovare sull’ottimo sito Basketball-Reference. Il Win Shares fondamentalmente analizza il contributo di ogni singolo giocatore nei successi della propria squadra, nell’ipotesi in cui un WS corrisponda ad una vittoria. L’indicatore statistico è diverso dal WAR utilizzato dagli analisti MLB ma è tuttavia interessante per procedere con l’idea alla base di questo articolo. I punti in comune con il lavoro da cui ho preso spunto sono invece due: ho scelto solo giocatori che hanno firmato contratti annuali per la stagione 2009-2010(ad eccezione delle due star attorno a cui costruirò la squadra) ed ho analizzato la situazione a posteriori, cioè immaginando di metter su un team conoscendo i WS che i giocatori selezionati avrebbero prodotto.
Di seguito propongo quindi il mio roster, con quintetto base, panchina e dati relativi a Win Shares e salario:

1. Jason Williams, G, 4.5 WS, 1.306.455 $

2. LeBron James, G-F, 18.5 WS, 15.779.912 $

3. Matt Barnes, F, 5.9 WS, 1.600.000 $

4. Amare Stoudemire, F-C, 10.7 WS, 16.378.325 $

5. Ben Wallace, C, 4.7 WS, 1.306.445 $

6. Carlos Arroyo, G, 3.7 WS, 1.107.572 $

7. Wes Matthews, G, 4.6 WS, 457.800 $

8. Hakim Warrick, F, 3.5 WS, 3.000.000 $

9. Channing Frye, F-C, 6.4 WS, 2.000.000 $

10. Juwan Howard, F-C, 2.6 WS, 1.306.455 $

11. Anthony Tolliver, F, 2.5 WS, 359.546 $

12. Flip Murray, G, 1.8 WS, 1.990.000 $

13. Joe Smith, F-C, 0.9 WS, 1.306.455 $

Subito le considerazioni. Come si vede ho costruito la squadra attorno a due superstar, una nel pacchetto esterni (James), l’altra tra i lunghi (Amare Stoudemire). Ho poi selezionato “solo” 13 giocatori, lasciando cioè due posti nel roster per eventuali scelte al Draft/giocatori provenienti dall’Europa di cui la mia squadra detiene i diritti. Ho infine cercato di realizzare un roster equilibrato, completo in tutti i ruoli da un punto di vista tecnico e giusto mix tra giovani e giocatori di esperienza. I risultati statistici li otteniamo con due semplici somme: il roster in questione sarebbe costato “solamente” 47.9 milioni di dollari, quasi 10 milioni sotto al Cap fissato dalla Lega. In più il dato delle WS è addirittura clamoroso: la somma totale è 70.8 WS. Anche considerando l’errore statistico (che Basketball-Reference ci dice compreso tra 3 e 4 vittorie) otteniamo una squadra che avrebbe totalizzato 67-68 vittorie in Regular Season, non lontano dal record dei leggandari Bulls 1995-1996 di Jordan, Pippen e Rodman.
Ora è chiaro che ci sono tante domande a cui rispondere e che io stesso mi sono posto: ma i giocatori avrebbero prodotto davvero queste vittorie giocando insieme? Si sarebbero trovati bene a convivere nello stesso sistema? Come sarebbe stata la stagione di giocatori come Frye o Wes Matthews in sistemi diversi che non ne avessero esaltato le caratteristiche come Phoenix o Utah? E difensivamente questa squadra che difficoltà avrebbe avuto? La stagione della vita fatta da alcuni nomi della nostra lista sarebbe stata ripetuta in quei termini? Quesiti assolutamente legittimi, cui mi piacerebbe dare delle risposte ma che purtroppo, non avendo visto questa squadra sul campo, non potremo mai dare.

Da qui la conclusione della mia analisi: certamente non è possibile stabilire a priori se sia pensabile costruire un roster da zero soltanto basandoci su un’analisi statistica che valuti la produzione effettiva di un gruppo di singoli giocatori scelti per comporre il roster di una contender. E’ altrettanto vero però che l’analisi oggettiva di quello che è il gioco permette oggi di valutare i giocatori in maniera certamente più efficace di quello che si poteva fare con le statistiche “tradizionali” e che con un po’ di fortuna e un sistema di gioco che esalti le caratteristiche del proprio gruppo sia anche possibile costruire una contender senza svenarsi da un punto di vista economico e potendo valutare “realmente” l’impatto di un giocatore all’interno di una squadra, anche in termine di vittorie effettivamente “prodotte” dal singolo atleta.

01/11/10

Vecchio nome, squadra "nuova"

Dopo quattro anni la Serie A del basket italiano cambia padrone. Era il 4 Novembre del 2006 e cadendo sul campo della Snaidero Udine la Montepaschi Siena consegnava lo scettro di prima della classe alla Vidivici Bologna. Scettro che in casa Virtus restò veramente poco: Siena cominciò a dominare il nostro campionato proprio a partire da quella sconfitta, inanellando quattro stagioni da dominatrice assoluta che avrebbero portato altrettanti scudetti nella città del Palio. Oggi, Primo Novembre 2010, il cambiamento: Milano passa a Biella e la sconfitta di Siena sul campo di Varese consegna alla Lega A una nuova capolista. Ad una prima occhiata Siena sembrerebbe la solita squadra degli ultimi anni: solito sponsor (Montepaschi), solito allenatore (Pianigiani), solito presidente (Minucci), solito leader (Stonerook). Si scriveva Montepaschi Siena, si scrive tutt'oggi Montepaschi Siena. Eppure, dopo sole tre partite di campionato, la sensazione è quella di avere a che fare con una squadra "nuova", "diversa", parente non troppo stretta dell'ultima, dominante, creatura di Minucci.
Proviamo allora ad analizzare i parzialissimi dati di questo inizio stagione, paragonandoli con quelli delle prime 3 giornate dello scorso campionato. Per il 2009-2010 considereremo le giornate che vanno dalla numero 2 alla numero 4, senza prendere in esame la non competitiva giocata da Siena contro la poi esclusa Sebastiani Napoli alla prima dello scorso campionato.
Nel blog è presente un link che porta al mio articolo sulle "ragioni del successo"; sarà dunque studiando i cosiddetti Four Factors che proveremo ad analizzare l'inizio stagione senese.
Il primo dato è probabilmente il più importante: analizzando la percentuale reale ci accorgiamo di una differenza sostanziale: Siena sfiorava il 60.7% eFG%, contro il 54.3% attuale. Evidente come il cambiamento di gioco, molto meno perimetrale dello scorso anno visti i cambiamenti nel roster, abbia portato ad un minor numero di triple realizzate e ad un conseguente cambiamento nel dato statistico indicato. Il cambiamento di giocatori e l'arrivo di interpreti diversi dal passato si sente ancora di più negli altri 3 fattori: a differenza del 2010 Siena ha un rapporto perse/possessi più alto (21.4% di TOV%, control il 18.5% dello scorso anno), va in maniera simile a rimbalzo offensivo (30.1% la percentuale dei rimbalzi difensivi catturati contro il 32.6% di un anno fa) ma soprattutto tira più liberi in relazione ai tiri presi dal campo: la FT/FGA di quest'anno è 34.3% mentre 12 mesi fa si fermava al 27.5%. Risulta quindi evidente che Siena sia un'altra squadra da un punto di vista offensivo, molto meno legata al tiro perimetrale e certamente più ricca di giocatori che attaccano il ferro.
Anche difensivamente i dati sono interessanti: se da un punto di vista balistico Siena continua a concedere poco alle avversarie (la eFG% di quest'anno è 51.8%, molto simile al 50% dello scorso anno), registriamo dati clamorsi per quel che riguarda i rimbalzi, la percentuale di perse degli avversari e la FT Ratio. Siena nelle prime 3 partite di questa stagione è andata molto meglio a rimbalzo difensivo, catturando il 76.1% delle carambole disponibili contro il basso 53% delle prime 3 partite della scorsa stagione (dato comunque da prendere con le molle, troppe poche 3 partite giocate); è invece peggiorata nel recupero del pallone, portando la propria TOV% al 26.3% rispetto al super 33.5% della scorsa stagione; infine non si può non notare come gli avversari arrivino di più al ferro: quest'anno il rapporto FT/FGA degli avversari di Siena sfiora il 41% (40.9% per la precisione), l'anno scorso di questi tempi era fermo al 28.6%.
Per completare la nostra analisi introduciamo i valori dell'Offensive e Defensive Rating: nelle prime 3 partite della scorsa stagione Siena aveva un fantastico 119.9 di Efficienza Offensiva e un ottimo 97.8 per quel che riguarda il dato difensivo; dato difensivo che rimane abbastanza simile anche in questo 2010-2011 (99.3) mentre è nettamente calato l'indicatore offensivo, sceso a 106.8 (in pratica 1.06 punti ogni 100 possessi, contro gli 1.19 punti su 100 possessi dello scorso anno).
Senza dubbio abbiamo a che fare con un sample size ridottissimo e la nostra analisi non può che essere parziale. Tuttavia alcune tendenze della Siena attuale non possono essere ignorate e dando un'occhiata ai dati offensivi risulta evidente il concetto alla base di questa analisi: Siena è una squadra molto diversa rispetto a quella che metteva paura a tutta l'Italia cestistica.
Più forte o più debole? Solo il tempo potrà dirlo (e il rientro di Hairston aggiungo io).